Prof. Carlo Vittori

 

 
Scritto da Carlo Vittori   
Courtesy of Carlo Vittori
 

La corsa veloce: pochi semplici consigli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' necessario chiarire, e subito, per evitare equivoci, che l'utiliz­zazione del verbo "spingere" o del sostantivo"spinta" per definire l'azione dinamica che l'arto in appoggio sviluppa in circa 9 cent/sec, è un errore pedagogico, una distorsione lessicale ed un controsenso dinamico.

Distorsione lessicale che il giovane interpreta, e giustamente, imprimendo più forza (giacché spingere significa infatti fare forza premendo) convinto, così, di essere più veloce.

Al contrario andrà inesorabilmente più piano, consumando, senza utile, anche più energia.

Errore pedagogico perché dà una informazione impropria che non rimuove l'eventuale inesattezza ma la complica.

Controsenso dinamico poiché la spinta, in conseguenza della forza "volontariamente" espressa, risulterebbe più lunga nel tempo e, quindi, più lenta, di quella "reattiva" del rimbalzo. In realtà la "spinta"sarebbe l'effetto determinato dall' impulso del "rimbalzo".

Determinando la volontà di "spingere" il giovane non fa altro che sovrapporre un meccanismo di contrazione muscolare più lento, poiché "VOLONTARIO" ad uno più rapido e potente della espressione "reattivo-riflessa" dovuta alla "stiffness" muscolo-tendinea, soprattutto dei muscoli del polpaccio.

L'impulso propulsore che provocherà la '"spinta" é però, una realtà più complessa, poiché alla sua realizzazione concorrono più movimenti, quali:

a) rimbalzo-raddrizzamento del piede e dell'arto portante;

b) flessione-sollevamento, fino all'orizzontale, della coscia dell'arto oscillante;

c) oscillazione alternata e sufficientemente ampia delle braccia.

Dalla osservazione attenta di un atleta che realizza una progressione di corsa partendo dalla souplesse e procedendo con un basso ma costante tasso di accelerazione fino a raggiungere la sua velocità massima, ci si convince subito che alla crescita delle velocità  corrisponde, passo dopo passo, una  serie di variazioni dei segmenti corporei che concorrono allo sviluppo dei suddetti movimenti.

La  interconnessione tra  queste variazioni e  la  crescita  della velocità è tale da essere nel contempo, ciascuna di esse, effetto e causa dell'altra.

Le variazioni riguardano:

a) un aumento della inclinazione avanti di ciascun arto d'impulso;

b) una crescita del sollevamento dell'arto oscillante fino a rag­giungere l'orizzontale con la coscia;

c) un progressivo ampliamento della oscillazione alternata delle braccia.

La fusione coordinata, coerente ed organica di queste azioni, concorre, inoltre, contestualmente alla crescite sia della lunghezza sia della frequenza del passi. La efficacia dei movimenti d'impulsione dei due arti inferiori dipende assolutamente dalla tempestività sincronica con cui si realizzano.

L'arto "portante" reagisce distendendosi, mentre l'arto libero si flette in alto. L'uno si estende a misura che l'altro si flette.

II risultato di questa armonica combinazione é legato strettamente alla compattezza, durezza e consistenza (stiffness) di tutta la muscolatura antigravitazionale dell' arto portante, nel momento della presa di contatto con il suolo, giacché dve limitare al minimo la deformazione delle leve dei suoi segmenti, facendoli piegare appena per far rimanere alto il più possibile il bacino.

Sulla reazione muscolare che fa seguito all' ammortizzazione, quando il baricentro dell'atleta si trova sulla perpendicolare del piede d'appoggio, si inserisce l'azione impulsiva dell'arto oscillante che dirige in avanti la massa dell'atleta.

Non si dimentichi che  l'arto oscillante ha una discreta massa che lanciata ad una velocità maggiore di quella del bacino dell'atleta, sviluppa una notevole energia cinetica che assolve egregiamente il suo compito di trasmettitore di moto.

La riuscita di questa combinazione di movimenti dipende quindi dal tempismo del suo sviluppo.

Qualora, ad esempio, la flessione cominciasse prima, cioè in anticipo sulla reazione dell'arto portante, si commetterebbe il grande errore di far scendere  il bacino.

Ma questa aberrazione non può correggersi commettendone una più grave, se si dovesse consigliare l'atleta a sollevare meno le ginocchia.

Ritengo importante chiarire che il termine ''raddrizzamento'' dell'arto portante, riferito al movimento che questo compie dopo l'ammortizzazione é alquanto improprio giacché in realtà non distende affatto rimanendo leggermente piagato al ginocchio;intorno ai 168/172 gradi.

Si dovrebbe quindi, qualora ci si accorgesse di questo inevitabile leggero piegamento evitare il consiglio di "completare la spinta" perché rappresenta un controsenso biomeccanico, considerato che, in quell' istante dinamico, ia posizione leggermente anteroversa del bacino, non consente assolutamente un estensione completa del ginocchio.

Questo è possibile soltanto se tutti i segmento di questo complesso leveraggio: gamba-coscia-bacino-tronco, fossero sistemati sulla stessa linea, cosa che si verifica soltanto sui primi passi della partenza dello sprinter.

Proseguo, ora, a spiegare in che modo si deve realizzare il movimento di ritorno e terra dell'arto oscillante flesso in alto.

L' atleta deve realizzare un rapido arretramento del ginocchio, conseguentemente ad un impegno tempestivo e sinergico dei muscoli ischio-crurali e quadricipitali della coscia, senza interessare il piede.

Sulla completa distensione del ginocchio sarà la velocità che la coscia ha acquisito a trasferirsi alla gamba e al piede e portarli rapidamente indietro, sotto il bacino.

Ciò consentirà una ottimale distensione dell'arto che dovrà, poi, prendere contatto con il suolo, giacché la preattivazione della muscolatura antigravitazionale favorirà la rapida risposta di una efficace tensione eccentrico-riflessa che sosterrà alto il bacino ed il tronco dell'atleta e consentirà di elevare la frequenza dei passi.

Si potrà obiettare che il guadagno é assai poco, dell'ordine di 2/3 cent/sec, che, però, ripetuti per 45-48 passi - necessari mediamente per percorrere 100 metri - rappresentano anche più di 100 cent/sec non pochi davvero.

Si è letto anche che l'atleta deve porre molta attenzione al mantenimento del piede in flessione dorsale (o a martello come vuol dirsi in gergo), ma in realtà, anche questo accorgimento vuole correggere l'effetto più che rimuovere la causa e con ciò non dimostrandosi risolutivo.

Se l'atleta ha veramente percepito ed immagazzinato nella sua memo­ria cinestesica la giusta sensazione del rimbalzo dei piedi, questi si staccheranno dal suolo ed avanzeranno più tempestivamente rimanendo perpendicolari al suolo senza particolari attenzioni e tensioni muscolari.

Di contro il piede che avanza salendo troppo alto, con la pianta orizzontale al terreno, è indice di un impegno improprio della muscolatura del polpaccio e di una maggiore ampiezza e, quindi, ritardando il movimento di recupero in avanti di tutto l'arto inferiore.

Gli esercizi "tecnici" da utilizzare doviziosamente nelle età più sensibili all'apprendimento stimolando nel contempo anche la crescita del complesso muscolare impegnato, sono:

1) Skip corto. Corsa a ginocchia  alte oltre l'orizzontale, con passi brevi non oltre i 120 cm. circa. Deve essere interessato appieno il muscolo grande flessore della coscia sul bacino, l' ileo-psoas, che interviene efficacemente quando gli altri flessori (retto del quadricipite, tensore e sartorio) stanno diminuendo la loro forza di trazione. Si debbono raggiungere intorno ai 17/18 anni 200/400 toccate, rispettivamente con sprinter e quattrocentisti, prima di inserire esecuzioni sugli stessi volumi con cavigliere di 1-2 kg. Il particolare tecnico da puntualizzare riguarda la rapida e completa distensione dell'arto inferiore prima che vada a riprendere contatto con il piede al suolo.

2) Skip lungo. Alquanto ostico con i giovanissimi, è sempre una corsa a ginocchia alte, ma questa volta con passi più lunghi, anche oltre il metro. Si deve conciliare sempre  a) la salita alta delle ginocchia favorita da un potente rimbalzo del piede b) una esecuzione sufficientemente dinamica da assimilarsi ad una corsa. Si eseguono prove su distanza non più corte di 60/80 metri.

3) Corsa trottata. Somiglia molto ai movimenti degli arti anteriori di un cavallo trottatore. Con potenti rimbalzi dei piedi sempre a gambe distese, si sollevano alternativamente le gambe flesse fino all'orizzontale, facendole ridiscendere eseguendo il movimento combinato di veloce arretramento della coscia e della gamba, come  in precedenza  illustra. L'esecuzione dinamica é favorita da una sufficiente inclinazione del tronco in avanti. Il dinamismo generale deve aumentare a misura che il giovane cresce e si qualifica. Si eseguono serie su distanze di 60 e 80 metri.

4) Passo trottato singolo. Si eseguono serie su 60/80 metri sia con uno sia con l'altro arto. Procedendo nel tempo verso esecuzioni sempre più rapide ed ampie.

5) Passo trottato doppio. Si eseguono serie sulle stesse distanze, alternando, però, ogni serie, un passo con la gamba sx ed uno con la dx.

 

 

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